Trasferimento del lavoratore: quando è illegittimo e come impugnare il provvedimento

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Il trasferimento del lavoratore è una pratica molto comune nel mondo del lavoro e consiste in uno spostamento, definitivo e senza limiti di durata, del luogo di lavoro del dipendente. Spesso il trasferimento viene comunicato all’improvviso, cogliendo impreparato il lavoratore, che viene così messo di fronte alla scelta tra accettare un trasferimento in un luogo di lavoro più disagiato o perdere il proprio lavoro.

Questo può accadere per valide ragioni, come esigenze aziendali, riorganizzazioni, fusioni o per soddisfare le richieste del mercato.

Tuttavia, in alcuni casi, il trasferimento può risultare illegittimo, in quanto costituente un abuso, ad esempio perché adottato per finalità strumentali quali  liberarsi di un lavoratore “scomodo” o troppo costoso, oppure perché viola i diritti sanciti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

In questo articolo, analizzeremo quando un trasferimento può essere considerato illegittimo e come il lavoratore può impugnare tale provvedimento.

I motivi legittimi per disporre il trasferimento del lavoratore

Prima di esaminare i casi in cui un trasferimento può essere considerato illegittimo, è fondamentale comprendere che ci sono situazioni in cui tale pratica è perfettamente legittima e giustificata.

La norma di riferimento è l’art. 2103 del codice civile che prevede che “il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”.

Le ragioni legittime per un trasferimento possono essere:

  1. Esigenze aziendali: se l’azienda si trova in una fase di ristrutturazione o riorganizzazione, potrebbe essere necessario trasferire alcuni dipendenti da uno stabilimento e/o da una sede ad un altra per ottimizzare le risorse, migliorare l’efficienza operativa o ridurre i costi.
  2. Apertura di nuove sedi: se l’azienda apre una nuova sede o filiale, potrebbe trasferire alcuni lavoratori per avviare e consolidare le nuove attività.
  3. Fusione o acquisizione: in caso di fusione o acquisizione tra due aziende, il personale potrebbe essere trasferito per integrare ed ottimizzare le attività;
  4. Esigenze del mercato: se l’azienda ha una maggiore richiesta di personale in un’altra località a causa del mercato, potrebbe avere necessità di trasferire i lavoratori in quella zona per far fronte a tali esigenze;
  5. Incompatibilità ambientale: se la condotta del lavoratore (rilevante sotto il profilo disciplinare) determina disfunzioni sotto il profilo tecnico, organizzativo e produttivo, ad esempio quando sussiste un’incompatibilità tra il dipendente ed i suoi colleghi tale da determinare conseguenze (quali tensione nei rapporti personali o contrasti nell’ambiente di lavoro) che costituiscono esse stesse cause di disorganizzazione e disfunzione nell’unità produttiva (Cass. 24/10/2019 N. 27345);

La giurisprudenza prevede che il controllo del giudice sulla legittimità del trasferimento è limitato all’accertamento della sussistenza delle “comprovate” ragioni tecniche, organizzative e produttive dedotte a fondamento del trasferimento, mentre è insindacabile la scelta del datore di lavoro tra le diverse soluzioni organizzative utilizzabili.

Quando il trasferimento è illegittimo

Vi sono casi in cui il provvedimento di trasferimento può viceversa risultare illegittimo e violare i diritti del lavoratore.

Ciò si verifica, in via generale, quando non sia effettivamente sorretto da comprovate ragioni tecniche, organizzative o produttive, ma sia strumentale ad altre finalità, oppure nel caso in cui venga adottato nei confronti di particolari categorie di lavoratori maggiormente tutelate dalla legge.

Vi sono poi ulteriori limiti individuati dalla giurisprudenza che possono determinare l’illegittimità del trasferimento, in particolare:

  • i motivi di trasferimento devono sussistere al momento in cui viene deciso (e non dopo);
  • le ragioni del trasferimento devono essere oggettive (non vale, ad esempio, il trasferimento come sanzione disciplinare, salvo il caso dell’incompatibilità ambientale, di cui si è detto sopra);
  • deve sussistere un rapporto di causalità tra ragioni organizzative e lavoratore trasferito;
  • il trasferimento deve essere finalizzato al miglior funzionamento dell’azienda e legato alle particolari attitudini del lavoratore a ricoprire il nuovo posto di lavoro;

Anche la contrattazione collettiva può dettare ulteriori condizioni di legittimità del trasferimento, applicabili alla generalità dei dipendenti o ad alcune categorie di esse (ad esempio individuate in base a classi di età), e può inoltre prevedere che il trasferimento sia preceduto da un periodo di preavviso.

Alcune delle circostanze in cui il trasferimento può essere considerato illegittimo possono verificarsi nei seguenti casi:

  1. Discriminazione: è nullo il trasferimento determinato da fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali;
  2. Lavoratore sindacalista: è illegittimo il trasferimento del lavoratore sindacalista senza il nulla osta dell’organizzazione sindacale di appartenenza, anche nel caso in cui sussistano situazioni di incompatibilità ambientale atte a sorreggere il provvedimento;
  3. Lavoratrice madre: è nullo il trasferimento della lavoratrice fino al primo anno di vita del bambino;
  4. Assistenza ad un familiare disabile convivente: la legge n. 104/1992 vieta espressamente di trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, a meno che il datore di lavoro provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte;
  5. Sanzioni punitive: se il trasferimento è una punizione per un’azione legittima intrapresa dal dipendente, come il rifiuto di compiere azioni illegali o per aver denunciato condotte illecite all’interno dell’azienda, è da considerarsi illegittimo;
  6. Demansionamento: è illegittimo il trasferimento del lavoratore ove risulti che le mansioni da svolgere nel luogo di destinazione siano inferiori alle ultime effettivamente svolte nel luogo di provenienza;
  7. Mancanza di giustificazione: se il provvedimento di trasferimento è privo di motivazione ed il datore di lavoro, a specifica richiesta del lavoratore, si rifiuta di fornire le motivazioni che sorreggono il trasferimento, il provvedimento è illegittimo;
  8. Violazione del principio di correttezza e buona fede: il datore di lavoro, in virtù del principio di correttezza e buona fede, non può ricorrere al trasferimento del lavoratore se le ragioni che lo sostengono possono essere soddisfatte in un altro modo equivalente (Cass. 6 luglio 2021 n. 19143);

Cosa fare per impugnare un provvedimento di trasferimento  illegittimo

Se il trasferimento è legittimo, il lavoratore non può rifiutarlo: in caso di rifiuto non motivato da valide ragioni il datore di lavoro può disporre il suo licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Se invece il trasferimento è illegittimo, il rifiuto del lavoratore ad accettare il trasferimento è valido e l’eventuale licenziamento risulta illegittimo e deve essere annullato. Inoltre il lavoratore ha diritto alla retribuzione per tutto il periodo in cui, rifiutando il trasferimento, è rimasto a disposizione del datore di lavoro senza essere riammesso in servizio presso la sede originaria di lavoro.

Il trasferimento deve essere impugnato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla ricezione della relativa comunicazione e tale impugnazione diviene inefficace se entro i successivi 180 giorni il lavoratore non deposita il ricorso nella cancelleria del Tribunale oppure non comunica al datore di lavoro la richiesta di tentativo di conciliazione ed arbitrato. In quest’ultimo caso, se la richiesta di conciliazione o arbitrato viene rifiutata oppure non si raggiunge l’accordo, il lavoratore ha 60 giorni per depositare il ricorso in Tribunale.

Se si riceve un provvedimento di trasferimento, che si ritiene possa essere illegittimo, di seguito ho elencato alcuni passi da seguire per affrontare la situazione:

  1. Richiedere le specifiche motivazioni del trasferimento: il datore di lavoro non è infatti tenuto a comunicare le comprovate ragioni tecniche e produttive che giustificano il trasferimento, tuttavia quando il lavoratore gliele richiede, il datore di lavoro è tenuto a fornirle;
  2. Consultare il contratto di lavoro ed il contratto collettivo: il secondo passo è quello di verificare attentamente il contratto di lavoro ed il contratto collettivo applicato per verificare se vi siano clausole ostative o limitative del trasferimento;
  3. Rivolgersi con tempestività ad un avvocato esperto in diritto del lavoro affinché impugni il trasferimento entro 60 giorni, con lettera raccomandata o pec;  È importante, in tale comunicazione, dichiarare di mettere a disposizione la propria attività lavorativa presso l’originaria sede di lavoro;
  4. Valutare attentamente con il proprio avvocato di fiducia i successivi passi, ed in particolare se rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa presso la nuova sede lavorativa: è fondamentale ricordare che l’inadempimento datoriale, concretizzatosi in un trasferimento illegittimo, non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa in quanto ai contratti a prestazioni corrispettive (come il contratto di lavoro subordinato) si applica l’art. 1460, comma 2, c.c. secondo cui la parte può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto, avuto riguardo alle circostanze concrete, non risulti contrario alla buona fede;
  5. Comunicare con il datore di lavoro: il legale per conto del proprio cliente (il lavoratore) inizierà a comunicare con il datore di lavoro per capire le ragioni del trasferimento e se ci siano possibilità di giungere a un accordo.
  6. Qualora non si giunga ad un accordo e si ritenga che il trasferimento sia illegittimo, è possibile ricorrere in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c. al Giudice del lavoro del Tribunale competente, affinché adotti con urgenza i provvedimenti opportuni e necessari, ad esempio sospendendo l’efficacia del trasferimento e disponendo la reintegrazione del lavoratore in servizio presso l’originaria sede di lavoro.

Conclusioni

In conclusione, il trasferimento del lavoratore può essere una pratica legittima quando è giustificato da comprovate esigenze aziendali, di carattere organizzativo, tecnico o produttivo.

Tuttavia il trasferimento può talvolta costituire un abuso di tale facoltà datoriale e violare i diritti del dipendente: è fondamentale pertanto conoscere i propri diritti e adottare le giuste scelte per impugnare tale provvedimento.

La consulenza legale è fondamentale in queste situazioni, sia per un’azienda, affinché possa orientarsi nel modo giusto e nella consapevolezza di rispettare la legge, sia per il lavoratore, affinché possa essere tutelato in caso di abusi compiuti dal datore di lavoro ai suoi danni.

Per maggiori informazioni e/o ulteriori chiarimenti, contattatemi per una consulenza.

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